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Welfare: servono nuovi attori

2 marzo 2012

 

Il welfare cosi’ come lo conosciamo sta franando e bisogna mettere in campo nuovi attori e un nuovo modello. E’ l’allarme lanciato oggi da Chiara Saraceno, sociologa della famiglia e professore alla facolta’ di Scienze Politiche dell’Universita’ di Torino, e Paolo Leon, economista e professore ordinario di Economia pubblica all’Universita’ degli Studi Roma Tre, durante la conferenza nazionale ”Cresce il welfare, cresce l’Italia” organizzata da cinquanta organizzazioni sociali oggi e domani, a Roma. Se, da una parte, Saraceno ha fatto il punto sulla situazione attuale dello Stato sociale europeo con le sue incoerenze, Leon si e’ soffermato sulle conseguenze che le politiche attuate stanno avendo rintracciando anche delle responsabilita’, dunque le contraddioni potrebbero addirittura essere volute: ”Per gli economisti lo stato sociale e’ redistribuito, ma e’ un errore gravissimo. Per questo persone come Draghi non sono persone tecniche ma personale politico della conservazione europea”, ha detto Leon concludendo il suo intervento.

”Riformare gli ammortizzatori sociali e il mercato del lavoro – ha spiegato Saraceno – sono temi sottovalutati dai sindacati che non parlano mai dei servizi come questione nazionale o come questione di conciliazione. Cosa e’ necessario fare per tenere le donne nel mercato del lavoro, ad esempio, e’ assente dal dibattito. Forse perche’ gli attori seduti ai tavoli sono sempre quelli , forse andrebbero ridefiniti”.

D’altronde, sul fronte del lavoro, anche gli ammortizzatori sociali ”hanno funzionato bene, ma per quelli che ce l’avevano. Hanno funzionato bene perche’ c’era un altro ammortizzatore che era la famiglia, ma anche le famiglie possono non farcela piu”’. Dunque ”non bisogna mitologizzare il passato” ma ”smettere di dire che avevamo un buon welfare che stiamo distruggendo…Certo e’ che dobbiamo stare attenti a togliere i sistemi di protezione se non ne mettiamo insieme altri. E dobbiamo pensarci in fretta, non possiamo affidarci al negoziare perche’ non vengano fatti troppi tagli”.

Tagli frutto di una politica ambiziosa europea che ”cerca di formulare un progetto di crescita non solo economica, ma anche basata sul capitale umano. Per questo, investimenti sociali e sviluppo economico dovrebbero andare a braccetto”.

Ma poi invece il comportamento dell’Unione e’ pieno di contraddizioni. Saraceno parla della situazione della Grecia e di quella italiana: ”La Ue puo’ traghettare l’Italia senza che il paese abbandoni le sue caratteristiche di mercato sociale? No, per via delle contraddizioni dell’Unione stessa: primo, il welfare e’ affidato alla soft law fatta di raccomandazioni, dunque affidata alla buona volonta’ dei paesi stessi; secondo, in tutti i paesi i poveri sono aumentati, non solo per crisi, ma anche per le decisioni dei governi di ridurre il debito”. In questo, ”le decisioni economiche e finanzarie della Ue non rispettano le priorita’, non viene neanche detto che mentre si risanano i conti bisogna mettere in piedi un sistema di garanzia per i poveri”.

Sulla definizione di stato sociale e’ intervenuto invece Paolo Leon: ”Lo stato sociale moderno – ha detto – e’ quello che si preoccupa dei diritti, cioe’ prevede istruzione, sanita’ e previdenza quali premesse per la liberta’ del singolo, al di la’ delle sue personali garanzie”.

Ma, oggi, ”e’ all’inclusione deontologica, quella del medico di fronte a un paziente, quella del terzo settore, del sindacato che fa il suo mestiere, che bisogna guardare. Al terzo settore in modo particolare, che non si deve assoggettare alle politiche in cambio del finanziamento”.

(ASCA)