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Don Ciotti: “Dobbiamo diventare lottatori di speranza. Resistere, perché resistere significa esistere”. In migliaia alla 32esima Marcia della Pace a Villacidro

Evento in AGENDA: 6 gennaio 2019 - 6 gennaio 2019

Don Ciotti: “Dobbiamo diventare lottatori di speranza. Resistere, perché resistere significa esistere”. In migliaia alla 32esima Marcia della Pace a Villacidro.

Ad ascoltare Don Luigi Ciotti ci sono i tremila partecipanti alla 32esima Marcia della Pace a Villacidro per dire no alle guerre ancora in atto in tutto il mondo e per una netta presa di posizione contro la fabbrica presente in Sardegna che vende armi alla coalizione a guida saudita che con i suoi bombardamenti stermina i bambini nello Yemen.

Sono da poco passate le 15 quando il corteo parte da piazza Italia per inoltrarsi in via Parrocchia e nel cuore del paese fino alla conclusione nella piazza della Madonna del Rosario. Attorno a un grande arcobaleno della pace sono accorsi migranti, bambini, genitori, giovani, anziani, mondo laico ed ecclesiale, associazioni di volontariato, sportive, quelle impegnate accanto alle persone con disabilità, precari che portano avanti la loro battaglia per il lavoro, sindacati, rappresentanti della politica locale e regionale, arrivati dai comuni limitrofi e da tutta la Sardegna.

Una giornata intensa, iniziata dalla mattina, con l’iniziativa Bambini anche noi per la pace, che ha visto la presenza di un centinaio di alunni delle scuole dell’infanzia e primarie,

La mobilitazione è partita dalla diocesi di Ales-Terralba, con la Caritas diocesana in prima linea, affiancata dalla Delegazione Caritas della Sardegna, dal CSV Sardegna Solidale e, per l’occasione, dal Comune di Villacidro.

«Oggi le diseguaglianze sono sempre più forti e le guerre si susseguono per mantenere il potere, per aumentare i guadagni. La Chiesa, ma anche ogni uomo di buona volontà “giusto”, non devono avere paura della politica – ha spiegato don Angelo Pittau, direttore della Caritas diocesana e presidente del Comitato promotore della Marcia – Papa Francesco ci spinge all’audacia di operare per la costruzione di un “regno”, in cui giustizia e pace si intrecceranno». Anche la Sardegna, ha scandito don Pittau, «ha bisogno della buona politica per ravvivare la speranza nel suo popolo».

“Facendo nostro l’appello del Papa lo coniughiamo – ha confermato il vescovo di Ales-Terralba, padre Roberto Carboni – con la realtà della nostra regione. In questo senso il primo passo è la solidarietà a tutti i livelli (tra famiglie, tra giovani e adulti, tra territori, tra città e borghi), che valorizza i rapporti sociali e si traduce in impegno personale e collettivo per il bene di tutti. Il secondo è operare per assicurare il lavoro, diritto fondamentale per ciascuno, che ci porta a un nuovo sviluppo della promozione umana, che ci restituisce la nostra dignità. Infine – ha chiesto il vescovo Carboni – impegniamoci, iniziando da coloro che fanno politica, per il bene comune, frutto anch’esso della solidarietà e del lavoro”.

Nel pomeriggio un lungo e colorato corteo ha attraversato le strade di Villacidro a coronamento di una giornata intensa, iniziata dalla mattina, con l’iniziativa Bambini anche noi per la pace, che ha visto la presenza di un centinaio di alunni delle scuole dell’infanzia e primarie, e gli interventi, oltre che di don Angelo Pittau (direttore della Caritas diocesana Ales-Terralba) anche di Antonio Macchis (Istituto comprensivo Antioco Loru), di Rosa Steri (Istituto comprensivo Dessì), di Francesca Aru, coordinatrice scuola di infanzia lascito Mauri; mattinata conclusa con il corteo dei bambini verso il Municipio, dove sono stati accolti dalla sindaca, Marta Cabriolu.

“La pace va costruita nella storia e nella quotidianità della vita e il primo passo è la solidarietà”, ha detto padre Roberto Carboni, vescovo di Ales-Terralba, durante la preghiera di apertura. A seguire, la riflessione di don Angelo Pittau, sul tema del lavoro; il direttore della Caritas locale ha sottolineato la scelta simbolica del luogo di apertura della marcia, il quartiere popolare intorno a piazza Italia (dietro la Assl), nella zona bassa del paese, in un’ottica inclusiva, di attenzione ai più deboli ed emarginati.

Un corteo gioioso, animato, colorato. Punto di arrivo, piazza Madonna del Rosario, dove per primo è intervenuto monsignor Arrigo Miglio, presidente della Conferenza episcopale sarda (CES) e arcivescovo di Cagliari, che ha invitato a lavorare per “il cantiere della pace”, seguendo l’invito di Gesù ad essere “costruttori di pace”.

Sullo sfondo il messaggio dei vescovi sardi (in allegato), con l’appello per la riconversione delle “industrie della morte”, e con l’impegno, dettato da un profondo senso di responsabilità, per studiare la possibilità di un lavoro dignitoso per tutti coloro attualmente impegnati in tali attività.

Messaggio ribadito a Villacidro da mons. Giovanni Paolo Zedda, Vescovo di Iglesias, delegato della Conferenza Episcopale Sarda per il servizio della carità, che ha anche ricordato come l’impegno per costruire la pace non deve essere delegato alla politica ma deve interessare tutti i cittadini, in ogni ambito della vita.

Tra gli interventi, anche quello del delegato regionale Caritas Raffaele Callia che ha sottolineato il valore della “riconciliazione” a iniziare dai propri contesti familiari, per mettere in pratica i segni di pace, con il coraggio di andare avanti e perdonare. L’invito è a costruire legami di solidarietà e pace, come compimento della giustizia.

Al centro degli interventi la necessità di una buona politica, che metta al centro il bene comune, come richiamato da Marta Cabriolu, sindaco di Villacidro e da Giampiero Farru, presidente CSV Sardegna Solidale.

Giampiero Farru ha richiamato l’importanza del messaggio della Marcia, ma anche le criticità che interessano oggi il mondo del volontariato e del terzo settore, di fronte a una politica solo “di potere”, che privilegia e asseconda interessi settoriali, anziché perseguire il bene comune. “Criticità – ha detto Farru – di fronte alle quali dobbiamo andare avanti ancora più forti, come chiestoci da Papa Francesco durante l’incontro in Vaticano, in occasione dei venti anni della nostra associazione”.

“Tra l’altro la Marcia – ha detto Giampiero Farru – conclude idealmente il viaggio di  “Liberaidee” nell’isola, finalizzato a conoscere, allargare la rete, rinnovare l’impegno civile contro le mafie e la corruzione anche nella nostra Isola”.

Testimone della Marcia, don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele e presidente di Libera, la rete della società civile che da 25 anni opera in Italia e nel mondo per contrastare le mafie e la cultura mafiosa.

L’invito di Don Ciotti è chiaro: “La buona politica al servizio della pace inizia a casa nostra, dobbiamo prenderci le nostre responsabilità. Dobbiamo reagire, farci sentire, alzare la voce con coscienza e serietà. Resistere, perché resistere significa esistere”.

Forte il riferimento al tema dell’immigrazione: “Questa emorragia di umanità è drammatica: ci siamo dimenticati la nostra storia. Serve una politica impegnata nella promozione del bene comune: dobbiamo diventare lottatori di speranza, di giustizia sociale. E questo corteo è un segno di speranza”.

E ancora “La politica deve avere un ruolo importante: non può delegare la costruzione della pace”. Proprio al mondo politico si rivolge con forza don Luigi Ciotti “Voi che vivete in questa terra meravigliosa, voi che sapete cosa vuol dire l’accoglienza e non vi siete mai tirati indietro, pensate anche a chi viene qui a cercare l’accoglienza. Quello che si sta facendo in Italia, quello che sta facendo la politica è contro la Costituzione. Quello che è stato fatto sulla pelle dei nostri migranti non deve essere rifatto sulla pelle di chi oggi chiede a noi accoglienza”.

Don Luigi Ciotti durante il suo intervento si è soffermato più volte sul concetto di speranza “che restituisce dignità ai popoli che vivono in stato di sopraffazione”, e si è schierato con i Vescovi sardi contro la fabbrica di bombe ubicata a Domusnovas. “Il lavoro non giustifica la creazione di strumenti di morte – ha sottolineato – Ci deve essere una via di mezzo, perché il lavoro è anche dignità, ma non deve essere sopraffatto dagli interessi curati dalle multinazionali”.