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Il futuro del Volontariato

5 novembre 2010

La Fondazione “E. Zancan” presenta la prima indagine nazionale su cosa i volontari pensano della propria attività.
Sono circa un milione e 125mila i volontari attivi in Italia riuniti in oltre 35mila associazioni, secondo i dati della Quarta Rilevazione Fivol (Fondazione italiana per il volontariato, anno 2006). Sono dunque fitte le fila dell’esercito pacifico di persone quotidianamente impegnate ad aiutare gli altri. Eppure le loro voci sono silenziose, inascoltate perché nessuno finora aveva chiesto loro un’opinione sulle attività che svolgono, su come vedono il futuro del volontariato, sui suoi pregi e difetti. A colmare questa lacuna ci ha pensato la Fondazione “E. Zancan” onlus di Padova, che presenta oggi la prima ricerca nazionale che coinvolge direttamente i volontari. Lo studio, dal titolo “Il futuro del volontariato”, è stato realizzato somministrando approfonditi questionari a 1.424 persone. Sono state selezionate grazie alla collaborazione di Csvnet, dei Centri servizio per il Volontariato e di numerose associazioni coinvolte direttamente dalla Fondazione. Questo ha reso possibile un campionamento dei volontari rappresentativo di tutto il territorio nazionale.
 
I PRIMI RISULTATI DELL’INDAGINE
Nel complesso, la ricerca mette in luce come i volontari non percepiscano una crisi dei propri valori identitari: le motivazioni etiche, gli obiettivi di carattere comunitario, i valori di gratuità e solidarietà sono coltivati. I volontari credono nel loro ruolo di anticipazione dei nuovi bisogni, integrazione e miglioramento dei servizi esistenti, promozione e tutela dei diritti dei più deboli. Tuttavia, sono anche consapevoli che esistono numerose difficoltà nel portare avanti i loro valori. Tra queste, l’assenza di collaborazione tra le associazioni (41% di risposte “Molto/Moltissimo d’accordo”), l’eccessivo carico burocratico e amministrativo (30%), il non facile rapporto con le istituzioni e la difficoltà nel diffondere la cultura della solidarietà in un mondo in cui prevale l’egoismo e infine i problemi di coinvolgimento di nuovi volontari, soprattutto i giovani.
Nel dettaglio, la mancanza di lavoro di rete tra organizzazioni di volontariato è vista come un limite al ruolo anticipatore di risposte ai nuovi bisogni (30%) e al contempo l’incapacità di coordinarsi e di esprimere una rappresentanza unitaria sono considerati fattori che indeboliscono mettono in crisi il ruolo “politico” del volontariato (40% di risposte “Molto/Moltissimo”). La questione dei vincoli burocratici ritorna più volte: è diffusa infatti l’opinione che ci siano eccessivi lacci burocratici posti dai soggetti finanziatori (32%). Particolarmente complesso e contraddittorio risulta anche il rapporto con le istituzioni: i volontari pensano infatti di essere in grado di orientare l’attenzione verso i più deboli, tuttavia non riescono a controllare e a stimolare le istituzioni affinché si assumano le proprie responsabilità (54%). Nel rapporto con gli enti pubblici, poi, i volontari denunciano la mancanza di rispetto per l’identità del volontariato (41% di risposte “Molto/Moltissimo”), la confusione nei ruoli e nei compiti (31%) e il pericolo che il volontariato si sostituisca alle istituzioni pubbliche nel garantire i servizi essenziali e i diritti delle persone (33%). Emerge inoltre la difficoltà a promuovere momenti di programmazione (50%) e il rischio di essere strumentalizzati pur di ottenere finanziamenti (39%).
Traspare anche una certa consapevolezza del fatto che il volontariato non riesce a coinvolgere i giovani. Le motivazioni principali, a detta dei volontari, stanno nel fatto che la scuola non promuove la partecipazione a esperienze di gratuità (50% di risposte “Molto/Moltissimo”) e che i giovani sono indifferenti o rassegnati di fronte alle scelte politiche (42%). Inoltre, la precarietà del lavoro è un fattore che non facilita forme di volontariato continuativo (44%).
Infine, i volontari denunciano, nel complesso, la mancanza di risorse economiche sufficienti per la loro azione gratuita (58%) e la mancanza di un volontariato ‘professionale’ (cioè fatto di professionisti) all’interno del volontariato (44%), che ostacolano il passaggio dall’affermazione dei principi ad azioni efficaci.
 
La ricerca non considera solo i problemi, ma anche le potenzialità e le aree di investimento che possono favorire lo sviluppo del volontariato nei prossimi anni. Per quanto riguarda le priorità di investimento, i volontari segnalano in particolare la necessità di diffondere una cultura della solidarietà e della cittadinanza responsabile (indice di priorità 0.91, dove in una scala da 0 a 1, 0 è la priorità minima e 1 la massima ) e di coinvolgere le nuove generazioni in attività di volontariato (0.90), mantenendo saldo il contenuto che qualifica l’azione, ovvero la relazione tra persone (0.87). Viene sottolineata inoltre l’importanza, per il volontariato, di essere portavoce delle esigenze dei più deboli (0.84)e di saper comunicare le proprie azioni informando sulle proprie attività (0.83) e partecipando con le istituzioni alla programmazione dei servizi e all’elaborazione di progetti di interesse sociale (0.83). Un’ulteriore area di investimento è identificata nell’esigenza di nuove forme di collaborazione anche con gli altri enti del terzo settore, finalizzate su bisogni specifici, per meglio rispondere ai bisogni del territorio (0.78).
 
ALCUNI COMMENTI.
“La domanda che dà il titolo alla ricerca ‘Il futuro del volontariato’ è volutamente provocatoria – spiega il direttore scientifico della Fondazione, Tiziano Vecchiato –. Non c’è dubbio infatti che l’impegno volontario per gli altri avrà un futuro, ma siamo certi che focalizzare i punti di forza e di debolezza servirà a guardare avanti con maggiore consapevolezza e vigore strategico”.
È per questo che si è deciso per la prima volta in Italia di dare la parola a quelle persone che ogni giorno si impegnano per gli altri. L’approccio è volutamente quali-quantitativo, mira cioè a indagare le percezioni e i pensieri dei volontari. Il periodo della rilevazione è quello della primavera-estate 2009. Sono stati interpellati i 77 Csv italiani, ottenendo la fattiva collaborazione di 33. C’è stato inoltre il coinvolgimento diretto di altrettante associazioni di diverse dimensioni e si è aggiunta la collaborazione dei sindacati per coinvolgere le associazioni che vi gravitano intorno. “I risultati sono stati molto positivi perché abbiamo trovato un campione non solo interessato a esprimere le proprie idee ma anche molto collaborativo – continua Vecchiato –: bastii pensare che per compilare il questionario on line ci voleva oltre mezz’ora di tempo e nonostante non fosse una procedura breve è stata portata a termine con molta accuratezza”. Grazie a un sistema di password, è stato possibile garantire l’anonimato a tutti gli intervistati.
“Abbiamo voluto questa indagine perché avevamo l’impressione che il volontariato fosse in crisi – sottolinea il presidente della Fondazione, Giuseppe Pasini –. Infatti riscontravamo il calo numerico dei volontari, la mancanza di apporto giovanile, una sorta di ‘inquinamento’ dell’azione volontaria (con l’introduzione di compensi sottoforma di rimborsi spese) e una crescente incertezza sui valori stessi del volontariato. Dall’indagine è emerso però che i diretti interessati, pur riconoscendo alcuni problemi, non ritengono ci sia effettivamente una crisi. Questo significa da un lato che non tengono abbastanza conto delle contraddizioni presenti nel mondo in cui vivono perché non si possono negare delle criticità esistenti ed evidenti, dall’altro che c’è scarsa autocritica, poiché si tende ad attribuire all’esterno le colpe per i problemi che sono anche interni al volontariato, uno su tutti lo scarso interesse delle nuove generazioni”.
La Fondazione Zancan da sempre dedica interesse ed energie all’approfondimento delle condizioni in cui versa il volontariato, tanto che fu proprio la Fondazione a organizzare, insieme alla Caritas, la prima “Conferenza italiana sul volontariato” nel 1975. Da allora fino al 2004 sono stati 16 i seminari di studio dedicati a questo tema. Oggi con la ricerca presentata si apre un nuovo capitolo, con l’obiettivo di ripetere annualmente delle indagini finalizzate ad analizzare questa esperienza di vita, approfondendone i diversi aspetti, proponendo chiavi di lettura e mettendo a disposizione dei volontari una base di conoscenza utile per migliorare il futuro del volontariato.
Un’ulteriore chiave di lettura è fornita dal presidente di Csvnet (Coordinamento dei centri servizio per il volontariato) Marco Granelli, secondo cui “i risultati della ricerca indicano una complessità del mondo del volontariato che è anche indice di grande vitalità dei volontari di base, che desiderano avere un ruolo politico e di cambiamento. La cosa difficile ora è costruire delle modalità per facilitare questo ruolo attraverso strumenti che siano di democrazia e partecipazione, ma che siano anche efficaci”. E sul ruolo dei Csv sottolinea: “Emerge il desiderio di partecipare maggiormente alla programmazione da parte delle organizzazioni di volontariato. Questo è un segno positivo su cui Csvnet intende lavorare, a partire da alcune eccellenze già presenti”.
I risultati completi dell’indagine saranno disponibili a breve, non appena sarà concluso il rapporto di ricerca che metterà a confronto i diversi giudizi dei volontari, tenendo conto delle loro esperienze sul campo nelle diverse aree in cui operano: attività educative e di formazione, ambito socio-assistenziale e sanitario, donazione di sangue, protezione civile e soccorso, tutela e promozione dei diritti, solidarietà internazionale, tutela del patrimonio ambientale e animale, attività ricreative e/o sportive, tutela del patrimonio artistico e culturale.
 
Per informazioni:
Ufficio stampa Fondazione E. Zancan
ufficiostampa@fondazionezancan.it