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Ciao Roberto – La riflessione di don Luigi Ciotti e il ricordo di Santo Della Volpe

22 maggio 2011

Roberto Morrione è morto oggi, 20 maggio 2011, a Roma, dove era nato nel 1941 Lascia la moglie e due figlie.

Avrebbe compiuto 70 anni fra pochi giorni, il 4 giugno.

Incessante e instancabile, anche una volta in pensione, il suo impegno era proseguito accanto a Libera e a una fitta rete di organizzazioni pacifiste per la libera informazione sulle mafie, divenendo Presidente della Fondazione Libera Informazione, il settore di Libera dedicato all’inchiesta sui temi della legalità e alla formazione di giornalisti attenti a raccontare i fatti oltre la cronaca.

Negli ultimi anni aveva deciso di trasmettere la sua esperienza umana e giornalistica ai giovani collaborando con Libera ed organizzando numerosi seminari in giro per l’Italia insieme a don Ciotti, per trasmettere valori quali la legalità e l’onestà.

Avevamo avuto modo di averlo nostro ospite nel 2007, durante un incontro-dibattito sull’informazione organizzato da Libera Sardegna, Articolo 21 e Ordine dei Giornalisti della Sardegna a Cagliari e abbiamo lavorato insieme in occasione di Strada Facendo 3 e 4, a Cagliari e a Terni, e di Contromafie.

In seguito ci siamo incontrati tante altre volte, in giro per l’Italia, con Libera.

Gli amici, i soci e simpatizzanti di Libera Sardegna si uniscono al dolore della famiglia, di Libera e di Libera Informazione ringraziando Roberto per il gran lavoro che ha fatto per noi e per gli insegnamenti che ci ha trasmesso con il suo stile sobrio e pacato.

Il ricordo di Roberto Morrione nella riflessione di Don Luigi Ciotti

 

Roberto Morrione: un grande giornalista, ma prima di tutto una grande persona e un caro amico.
Roberto, con quella sua lunga carriera alle spalle, le responsabilità che aveva ricoperto nel servizio pubblico, le importanti inchieste che aveva svolto, ci ha regalato in tutti questi anni la sua esperienza. Ha trasmesso a tanti giovani l’amore ma anche la responsabilità del giornalismo. Roberto credeva fino in fondo nella funzione sociale e civile di chi racconta e ragiona sui fatti, credeva che solo una democrazia consapevole, capace di raccontarsi con onestà, sia una democrazia sana, una democrazia viva.
Aveva costruito "Libera informazione", creduto nell’importanza di una analisi puntuale, approfondita sulle mafie, la corruzione, le tante forme d’illegalità, sapendo bene che non dovrebbe esserci bisogno di mettere accanto alla parola "informazione" l’aggettivo "libera". Perché l’informazione o è libera o, semplicemente, non è informazione: è propaganda, demagogia. Eppure sapeva, Roberto, che mai come in questi anni l’informazione corre il rischio di essere soffocata o asservita. Non accettava, Roberto, le parole troppo spesso imbrigliate, le penne opportunamente spuntate, le cronache monche o pilotate.
La sua era invece una penna che lasciava il segno. Coltivata a quella grande scuola che era stata la Rai degli anni sessanta, quella di Enzo Biagi. Una penna che andava al sodo, senza tanti fronzoli, sempre però dopo un lavoro di approfondimento, sempre dopo quello studio, quel lavoro di conoscenza che rende davvero il giornalismo un servizio per la collettività.
Non improvvisava, Roberto. Si preparava sempre con coscienza e scrupolosità, per lui non c’era persona, fatto, che non fossero degni di un’attenzione vera, autentica. Non ha mai sviluppato quel distacco, quel disincanto, che può sopraggiungere nel giornalista che ne ha viste tante.
Si commuoveva, Roberto, al ricordo di quei colleghi come Ilaria Alpi e Milan Hrovatin che per la ricerca della verità hanno perso la vita. Credeva a un giornalismo che fosse amore per la giustizia e distanza dal potere. Credeva che fosse questa l’etica del giornalismo, e prima ancora del giornalista.
Roberto era laico, ma da laico aveva la spiritualità, il senso dell’infinito, di tutte le persone che s’impegnano per la giustizia. Lo avevano colpito quelle parole del giudice Livatino, ucciso dalla mafia: «alla fine della vita non ci sarà chiesto se siamo stati credenti ma se siamo stati credibili».
Di lui mi porto dentro le cose costruite insieme, la sua generosa umanità, ma anche la grande dignità con cui ha affrontato la malattia, protetto dall’affetto di Mara e della sua famiglia.
L’ho visto pochi giorni fa in ospedale. Mi ha indicato con occhi vivi, compiaciuti, i fogli di carta appesi sulla parete. Erano i disegni che la nipotina aveva fatto per il nonno. C’erano tanti fiori colorati e una casa.
Ciao Roberto, grazie dei colori che ci hai donato. Sappi che in quella casa non smetteremo mai di venirti a trovare, per chiederti un consiglio, un articolo, una parola di denuncia e di speranza.

Luigi Ciotti
 

Il ricordo di Roberto Morrione nella riflessione di Santo Della Volpe

L’ultimo SMS me lo ha mandato giovedì sera, 19 maggio. Gli avevo chiesto(sempre con un messaggino per non disturbarlo) come stava, se c’era qualche sintomo di miglioramento: ”Si combatte.Grazie.Roberto” è stata la sua ultima risposta. Ed in quel messaggio c’era tutto Roberto Morrione; sino alla fine Roberto, l’amico di una vita, si è battuto senza risparmiarsi in tante battaglie per la Libera Informazione, in Rai, nel sindacato, in Libera. Ma è stato anche l’amico di tante feste,tanti entusiasmi, serate passate insieme a celebrare qualche buon risultato o buon incontro; o semplicemente i vini buoni, le grappe,la buona musica, soprattutto quei chansonnier francesi che tanto amava, Brassens, Moustaki, e poi Yves Montand, Edith Piaf e soprattutto Serge Reggiani.

C’era sempre un motivo per stare insieme, per fare gruppo, per “combattere” quelle battaglie: se si perdeva, un motivo per ricominciare, ma sempre stando in piedi, a schiena dritta, con la forza dell’intelligenza e della cultura, del giornalismo. Grande lavoratore da sempre; da quando Enzo Biagi lo assunse in Rai, al TG unico di allora, dalle inchiesta per TV7 al TG1, alla sua redazione Cronaca degli anni ‘80, la migliore di quegli anni :con Nuccio Fava direttore, quella delle inchieste sulla P2, la mafia, gli intrecci torbidi tra Marcinkus e Calvi, dello scoop di Ennio Remondino che anticipò Gladio e la Cia nella strategia della tensione italiana, ma che fece infuriare Cossiga (allora presidente della Repubblica).

Costò a Fava il posto da direttore tg1, a Morrione il posto di Capo Cronista, a Remondino un bel po’ di esilio redazionale. Ma quello fu anche un esempio di vera cronaca e vera informazione libera, impensabile in questi mesi al TG1 … Quante volte ne abbiamo parlato: non che i tempi allora fossero più facili! Basti pensare che un grande cronista come Morrione fu relegato in uno stanzino dell’ala più lontana dalla redazione del palazzo TG1 di Saxa Rubra! Una indecenza: ogni giorno lo andavo a trovare,quando ero a Roma, per discutere di tutto, informazione e sindacato soprattutto, le sue passioni.

Curzi lo volle al TG3,inaugurando una delle stagioni più ricche del panorama giornalistico italiano. Era l’inizio degli anni ’90: le sue “copertine” del TG3 (veri e propri editoriali televisivi) hanno fatto storia; ma anche le inchieste di mafia,sugli appalti per la ricostruzione del dopo terremoto in Irpinia,sino all’esplosione delle bombe di Capaci e Via D’Amelio. Roberto aveva anticipato quei pericoli con quelle inchieste che un gruppo di noi, da lui guidato, faceva nel TG3, in parallelo con Michele Santoro su Samarcanda.

E la battaglia contro Cosa Nostra è stata la più lunga di Roberto Morrione, quasi quanto quella contro i misteri d’Italia, i complotti antidemocratici, dai più nascosti segreti del bandito Giuliano, sino all’assassinio di Ilaria Alpi, quella giovane giornalista che aveva visto arrivare tra di noi, al TG3, aveva visto partire per la Somalia e tornare avvolta in un feretro perché aveva voluto fare giornalismo, smascherare i traffici di rifiuti e di armi, come lui aveva insegnato e voluto far fare a noi anni prima.

In fondo la considerava un’altra voce del gruppo di cronisti della sua squadra, anche se conosciuta da poco e per questo aveva accettato con entusiasmo di far parte della giuria del Premio Giornalistico Ilaria Alpi, senza mai mancare ad una sola edizione. Quel “filo rosso” del giornalismo per la verità e l’indipendenza giornalistica, era stato alla base anche del secondo periodo della sua vita: quando dopo un breve passaggio di un anno come vicedirettore del TG2, con Garimberti direttore,(era la bella stagione dei cosiddetti “professori” ai vertici RAI), Morrione investì tutta la sua forza di costruttore di squadre comunicative prima curando la campagna elettorale dell’Ulivo nel 1996, per Prodi e Veltroni; poi tornando in RAI, per rilanciare Televideo e la quasi abbandonata RAI International, trasformandola in una rete mondiale, la più ascoltata rete RAI, facendo in modo che fosse vista in Sud America, in Asia, in Nord America ed in Australia, portando agli italiani all’estero la musica e la tradizione Italiana, dal Teatro di Pirandello ad Enzo Arbore, dal Cinema italiano sino, suo grande gioiello, al Calcio in diretta televisiva con quella “Giostra dei Gol” che fu la prima cronaca sportiva televisiva minuto per minuto nella storia della televisione italiana.

Un successo enorme, mondiale appunto, che continua ancora oggi. Per Roberto quel periodo fu di grande soddisfazione ed ancora recentemente ne parlava, anche con una certa nostalgia, riprendendo i viaggi con Alberto Sordi e Monica Vitti, gli incontri con i grandi Network mondiali ed il rispetto conquistato ,per la Rai, ovviamente ovunque nel pianeta. Perché Roberto Morrione era ed è ancora oggi il simbolo del “Servizio Pubblico” e dello “specifico televisivo”, quel particolare modo di fare informazione che si dedica alla ricerca della verità, dell’obiettività e della notizia non fine a se stessa, ma in nome del pubblico, degli spettatori intesi come persone che hanno dei diritti, anche davanti alla Tv, e non sono mai da intendersi come consumatori passivi.

E’ con questo spirito che Morrione ha accettato di costruire dal nulla RAINEWS24, la prima rete di informazione 24ore su 24 del nostro sistema televisivo. Con tecnologie allora nuove e sperimentali (e che tali sono restate dopo più di 10 anni…!) e l’idea di dare al pubblico una rete satellitare che sull’esempio della CNN e delle Cable TV di tutto il mondo, aggiornasse costantemente e continuativamente lo spettatore. Creatura difficile da far nascere ed allevare; ma anche in questa avventura l’impronta di Morrione fu determinante. Gli scoop sulla guerra in Iraq e le armi all’Uranio Impoverito, arrivarono dopo aver trovato e messo in onda l’ultima intervista di Borsellino che parlava di rapporti tra la Mafia e una certa imprenditoria milanese, con il nome di Berlusconi che ,per la prima volta ,compariva sulla bocca degli intervistatori francesi e su quella del giudice ucciso subito dopo quel dialogo, nel lontano 1992: nonostante le interrogazioni parlamentari ed i tentativi farisaici, anche dentro l’azienda RAI, di stoppare l’intervista, andò tutto in onda (eravamo nel 2002-2003).

Morrione garantì autenticità e si assunse oneri (tanti) ed onori (pochi) di una scoop che , come il vero giornalismo insegna, fece tremare i palazzi, perchè intriso di verità. Quando andò in pensione , 5 anni fa, non pensò al riposo: noi salutammo questa scadenza con una festa ad Articolo21, piena di amici e buona musica. Ma lui avvertì subito: inizia un’altra vita.

E così fu, quando decise di creare Libera Informazione, dall’Associazione Libera di Don Ciotti; prese l’impegno di far crescere una rete di informazione sulla mafia e l’antimafia che partisse dai territori, dai giovani, dalle vittime della oppressione mafiosa. Un lavoro massacrante ed instancabile, nel quale volle unire associazioni ed enti locali, singole persone (compreso chi scrive,nel suo piccolo) e personalità delle istituzioni, per far parlare con l’arma del giornalismo chi voce non l’aveva mai avuta, trasformando in informazione le grida di dolore, di indignazione, di ripulsa e di voglia di giustizia che saliva dalle terre abbrutite da Cosa Nostra, Camorra, ‘ndrangheta, Sacra Corona Unita ed altre organizzazioni criminali. E non solo al Sud, ma anche a Milano, Modena,Imperia, Firenze, Orvieto,Treviso o Trieste.

Anche qui Morrione mise in campo una grande capacità organizzativa, creò una vera squadra, che ancora oggi lavora e costruisce resistenza e denuncia,fornendo materiali importanti alle indagini con le inchieste di giovani e nuovi giornalisti che hanno ora la consapevolezza della propria forza e della rete che oggi li unisce, dentro Libera. Una creatura che non muore, anzi…Continuerà a lavorare in nome di Morrione.

L’ultima battaglia, Roberto l’ha combattuta dentro un male che cresceva dentro di sé; scoperto 4 anni fa e combattuto con la sua solita determinazione: a viso aperto. Roberto sapeva tutto e si è battuto sino all’ultimo, con cure e nuovi protocolli di cure, ma sempre, sempre, portando avanti le sue iniziative e le sue battaglie antimafia, senza mai abbandonare il lavoro a Libera, anzi. ..mettendo in campo una pressione ulteriore per dare solidità e impalcature durature alla sua creatura, perché la squadra continuasse a lavorare.

Pochi giorni prima di lasciarci, con un ultimo filo di voce dal letto dell’Ospedale, tra una considerazione sulla Rai, una sulle elezioni amministrative (almeno ha visto che l’Italia si sta risvegliando, ha fatto in tempo a vedere i risultati di Milano, Torino, Bologna…!), Roberto mi ha ricordato il Consiglio di amministrazione di Libera Informazione, che si dovrebbe convocare tra poco. “Beh, aspettiamo che tu stia meglio”avevo risposto. E nello sguardo di Roberto si era accesa una scintilla, subito piegata da una flessione della testa come faceva spesso per sottolineare con ironia ,”sotto i baffi”, qualcosa che riteneva difficile da realizzare, ma che sperava ancora di poter fare.

Quel gesto della testa era il suo grido di battaglia, modesto, signorile, concreto, duraturo come una promessa; l’incipit soprattutto di una battaglia da fare….”Mi raccomando”, gli dissi salutandolo,”non molliamo, mai”. Mi strinse la mano forte, con amicizia, ma in silenzio.

Giovedì 19 maggio 2011, alle 18,14, il suo SMS, “Ciao, si combatte. Grazie”. Ha combattuto. Il male lo ha stroncato in un’alba del 20 maggio, il giorno dopo…”morire di maggio ci vuole tanto, troppo coraggio”, diceva il nostro De Andrè…Roberto ha combattuto fino alla fine, per la vita e per quegli ideali che ha sempre dimostrato in vita con coerenza, signorilità e fermezza. Giustizia, verità, solidarietà, democrazia. Un uomo giusto. Ora tocca a noi continuare.

Un grande abbraccio alla moglie Mara, ai suoi figli e a tutta la sua famiglia. Grazie Roberto, amico di una vita.

di Santo della Volpe